giovedì 5 luglio 2012

RAISPORT E L'ITALIA DA ROTTAMARE


(da The Week) C’era una volta Nando Martellini. Ho fisso in mente il ricordo di quella Vhs in cui si raccontavano le imprese italiane del passato, l’europeo 1968 e il mondiale 1982. Rimane chiarissimo nelle mie orecchie quel “Ortiz De Mendibil”, come un breve verso letto in metrica, ed era solo il nome dell’arbitro della finale contro la Jugoslavia ricordato a fine partita. C’era una volta anche lo stesso Bruno Pizzul (ora non più in Rai), che a differenza di Martellini non ha avuto la fortuna di raccontare in diretta vittorie finali, ma ci ha fatto emozionare lo stesso. Tutti ricordiamo il mondiale statunitense del 1994, quel chiamare per nome “un grandissimo Roberto” (Baggio) mentre scartava, “convergeva verso il centro” e segnava contro Bulgaria e Nigeria e ci portava in finale. E oggi? Oggi, alla sofferenza, legittima, della partita, dobbiamo aggiungere di default l’insofferenza per una telecronaca e per il cosiddetto commento tecnico (durante, e soprattutto prima e dopo le partite). E francamente non se ne può più. Se addirittura giorni fa si è mosso anche Aldo Grasso e ha tuonato dalle pagine del Corriere, allora la situazione è diventata davvero drammatica e insostenibile. Il problema non è trovare un telecronista che sia “rispettoso” dei suoi predecessori e dei contemporanei che lo ascoltano (peraltro, almeno uno, secondo opinione comune, esiste: Stefano Bizzotto). Il problema è generale e non è per nulla forzato o esagerato prenderlo come specchio perfetto della situazione complessiva del paese Italia. Situazione drammatica e si spera non tollerabile oltre. Gli appassionati di calcio sono stati costretti a seguire questi europei su e con RaiSport. E non era necessario monitorare Twitter per concludere da soli che il servizio offerto non era scadente ma, a mio avviso, al limite dell’allucinante. Nomi sbagliati a ripetizione, battute incomprensibili o fuori luogo, commenti banali se andava bene, silenzi e noia. Ciò si palesava anche meglio al di fuori dei 90 minuti delle partite, durante i programmi costruiti intoro all’evento Europei di calcio. Si assisteva, ripeto, se andava bene alla fiera dell’ovvio, inermi davanti ad una tv di mediocrità da tanti punti di vista, ospiti compresi. Il grandissimo Francesco Pannofino non può essere il commentatore di punta, come non poteva esserlo 4 anni fa Teo Teocoli. Su Twitter, e sui social più utilizzati, nel frattempo infatti si rimpiangeva profondamente non il Caressa di “Andiamo a Berlino Beppe”, ma quella “filosofia” e quella prassi che Sky ha saputo far conoscere, apprezzare e quindi far richiedere anche altrove. Vale a dire un insieme di giornalisti (ed ex calciatori) preparati e sempre spigliati, comunicativamente agili, fissati sull’aggiornamento secondo dopo secondo, attivissimi in rete. Non sarà un caso che la loro età media è significativamente molto più bassa di quella presentata da RaiSport, che appare (ed è) ancorato al passato, lo specchio fedele, appunto, di un paese in affanno perchè non vuole rinnovarsi. In Rai non esiste l’esperto di tennis, di basket, di calcio o di nuoto. Invece esiste l’essere amico di, parente di, raccomandato da. Da persone, chiaramente, non nate negli anni 70 o addirittura ‘80. Da qui è facile, e mai banale, ricollegarsi ai grandi temi extra-sportivi, come ad esempio quello della privatizzazione della Rai, perchè appunto non si fa fatica né si sbaglia a generalizzare la questione "RaiSport". Si tratta di "grandi" argomenti e relative riflessioni che si trovano ben approfondite da queste parti... | permalink

2 commenti:

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