martedì 7 giugno 2011

Viva i referendum


(per The Week)


L'utilità maggiore dei referendum, che deve essere riconosciuta da tutti, è che si fa ragionare, informare, interrogare e spiegare tutta la collettività italiana su temi specifici, come raramente accade in altre occasioni. Ogni singolo cittadino salta ogni steccato politico e ogni interesse particolare e si schiera da una parte o dall'altra senza riflessioni aprioristiche ma dopo averci pensato molto seriamente.

Poi, evidentemente, della partita sono anche lobby e poteri più o meno forti, ma "i cittadini semplici" mai come nel caso dei referendum possono contare se la maggioranza di loro si trova d'accordo su qualcosa. E si arriva a far partecipare, tra sì, no e non so, la più grande e variegata percentuale di italiani. Si va dalla miriade di associazioni "laiche" presenti su ogni piccolo territorio della nostra Italia alle mille sfere sociali di cui si compone la Chiesa Cattolica.

E' facile capire perché tutti i partiti hanno premura(e paura) di far capire (più o meno alla luce del sole) come la pensano sui quesiti referendari, ne va della loro credibilità e appeal già in fortissima diminuzione (come le ultime amministrative hanno sancito definitivamente).

Il referendum è uno strumento di democrazia diretta che, a nostro avviso, porta più vantaggi che svantaggi. Lo svantaggio, che da qualche giorno sentiamo ripetere assai "alla televisione", è che non si dovrebbero delegare alla forma semplicistica di un Sì o di un No decisioni complicatissime come quelle relative alla politica energetica e alla gestione dei sistemi idrici di un paese intero.
A questo proposito vale la pena ricordare che i referendum abrogativi "non legiferano", o meglio esistono per abrogare una legge se superano il quorum, e dunque creare un vuoto legislativo per "costringere" il parlamento a legiferare di nuovo, e magari meglio, su quella materia.

Da qualche giorno assistiamo ad un festival delle dichiarazioni di voto sui quattro quesiti che costituiscono i referendum per cui si potrà votare domenica 12 e lunedi 13. Il nostro direttore, invece, si è preso la briga di spiegare i referendum e far conoscere come la pensa personalmente in tempi non sospetti e quando nessuno parlava di referendum nè pensava che avrebbero mai potuto assumere all'improvviso tale rilevanza.
E' evidente che l'importanza di questi referendum, e dunque anche la rincorsa a dichiarare quello che si vota se si va a votare risiede in gran parte nell'esito delle ultime elezioni amministrative. Fossero andate diversamente, soprattutto le comunali di Milano e Napoli, ci permettiamo di dubitare che da Ferrero a Storace passando per ogni spiffero del Terzo Polo (che dunque esiste anche senza Udc?) ci sarebbe stata questa tempesta di dichiarazioni e di inviti su cosa fare il prossimo week end.

Sappiamo che a molti dei nostri lettori non interessa molto (o forse per nulla) sapere come si sono espressi i vari partiti italiani. E allora prendiamolo come uno strano divertissement, o un semplice esercizio per capire perché questi dicono o non dicono qualcosa sui referendum.

Dunque, la maggioranza di governo ha trovato la formula della libertà di voto o non voto da dare ai suoi lettori, aggiungendo che il partito "ne prenderà atto". E qui c'è il primo distinguo da fare. Più che la Mussolini(Pdl) che dice di andare a votare e di andare a votare Sì contro il nucleare("in quanto mamma e medico"), il vero problema è la Lega. Non la Lega che sta a Roma ladrona, ma quella delle amministrazioni locali del nord. L'acqua "privata" data in mano a speculatori e il nucleare sotto casa sono degli slogan semplicistici che possono far breccia anche da soli nelle pance leghiste.

L'opposizione, invece, appare più compatta. Gli stati maggiori di Pd, Idv e Sel hanno detto di fare campagna esplicitamente per 4 Sì. Qui i distinguo, come è legittimo e normale che sia, sono presenti nel maggior partito di opposizione, il Partito democratico. Se Veltroni ha invitato a votare 4 Sì, uomini a lui vicinissimi come i senatori Ichino, Ceccanti e Tonini, hanno dichiarato di votare, rispettivamente, due Sì e due No(quesiti sull'acqua) e Tonini tre No e un Sì (solo contro il legittimo impedimento, come il nostro direttore). Come Ceccanti e Ichino dovrebbero votare anche l'ex sindaco di Torino Sergio Chiamparino e il direttore di Europa Stefano Menichini.
Particolarmente interessante e onesta ci è sembrata una riflessione di Giorgio Tonini. "Vedo un rischio di regressione culturale rispetto alla stagione del primo Ulivo, che aveva tra i suoi capisaldi la distinzione tra pubblico e statale: non tutto ciò che è pubblico deve per forza essere gestito da istituzioni pubbliche. Sulla base di regole certe, è possibile e anzi auspicabile, in nome del principio di sussidiarietà, che possano esserci servizi pubblici svolti da soggetti privati o privato-sociali".

Il Terzo Polo è un "gran casino". Per farla breve, Fini invita ad andare a votare senza dire nulla, Ronchi vota 4 No e Granata vota 4 Sì. Casini invita a votare Sì contro il legittimo impedimento, No sull'acqua e lascia libertà di voto sul nucleare. Rutelli chiede un Sì contro il nucleare e legittimo impedimento, e due No sull'acqua. Tornando a destra, Storace vuole due Sì sull'acqua (forse) per legittimare il suo "essere sociale", mentre sul Legittimo impedimento tace.

Di sicuro dire che durante le amministrative si poteva votare anche per i referendum non è populismo ma rispetto del buon senso proprio e altrui e della miseria, visto lo spreco di risorse dettate esclusivamente dalla paura del quorum contro il legittimo impedimento.

Ah, se non siamo stati chiari, noi di The Week andiamo a votare. L'astensione non ci piace, anche se si tratta di referendum, anche quando si è in minoranza e dunque converrebbe dire di andare al mare. Viva i referendum e la discussione e la partecipazione orizzontali che scatenano!

(nel post precedente, per chi è interessato, ho spiegato perché ho deciso, personalmente, di votare 3 Sì e 1 No) | permalink

0 commenti:

Posta un commento