mercoledì 16 luglio 2014

La questione non più meridionale ma italiana. Che Renzi deve porre al centro.


Su Patrioti.org ho scritto queste 4 righe.

Il 7 luglio scorso Banca d’Italia ha pubblicato un’analisi del’evoluzione della congiuntura territoriale, dell’attività produttiva, del mercato del lavoro e degli aggregati creditizi, relativa al 2013. Si tratta di uno dei tradizionali documenti di studio e aggiornamento che Banca d’Italia realizza periodicamente. Andando a vedere la diversa dipendenza delle macroaree dalle componenti della domanda, l’utilizzo dei fondi strutturali europei, il turismo, la ricchezza delle famiglie, cosa emerge? Nel 2013 il nostro Mezzogiorno si è allontanato ancora di più dal resto del Paese, o, se si preferisce, gli accenni di ripresa reale ci sono stati solo nel centro e nel nord. Appare banale e addirittura noioso continuare a parlare di un’annosa questione meridionale, ma tant’è.
Nel 2013 la disoccupazione nel centro nord ha toccato il 9,1%, nel sud il 19,7%. Il dato dei giovani under 29 mostra, rispettivamente, un 23 e un 43 per cento. Il PIL si riduce in tutte le zone del Paese, ma solo al Sud la riduzione è maggiore e rilevante rispetto al 2013. Nel Nord Ovest dal (-) 2,6% passa al (-) 0,6%; nel Nord Est dal (-)2,5 al (-)1,5; al Centro dal (-) 2,5 al (-)1,8. Nel merdidione, invece, si peggiora passando dal (-)2,9 del 2012 al (-)4% del 2013, contribuendo in negativo al dato nazionale. Le esportazioni sono rimaste stabili al Centro e hanno ricominciato ad aumentare al Nord, ma sono calate al Sud. I consumi si riducono in tutte le macroaree, comunque la diminuzione nel Mezzogiorno risulta relativamente maggiore. Così anche il settore dei servizi e delle costruzioni è lì che continua a soffrire di più. Inoltre, se è vero che la flessione dei prestiti bancari è stata meno forte nel Mezzogiorno, è anche vero che al Centro e nel Nord Ovest le imprese hanno fatto maggior uso di emissioni obbligazionarie. E poi i prestiti alle famiglie hanno fatto registrare un aumento di contrazione soprattutto al Sud.
Questo Governo, il primo esecutivo Renzi, deve intestarsi una battaglia seria e mirata per riagganciare il nostro mezzogiorno, facendo seguire, per la prima volta dall’Unità d’Italia, alle parole fatti concreti. Non si tratta di essere piò o meno appassionati di meridionalismo, piò o meno ancorati ad una tradizione radical e chic, i cui risultati sono evidentemente opinabili. Qui è davvero in gioco il futuro dell’Italia sistema Paese, che non può più permettersi di essere una nazione tanto eterogenea. La vecchia vulgata, magari valida per il secolo e il millennio scorso, di un nord industriale e motore principale che “importava” il carburante necessario dal sud, in termini di manodopera oltre che di domanda di beni di consumo, non può più reggere. L’Europa e il mondo sono completamente cambiati. Il nostro meridione si è profondamente impoverito, oltre al fatto che le teste e le braccia non si fermano più all’interno del caro triangolo industriale, ma vanno oltre, spesso neanche ci passano finendo in altri continenti via aereo.
Gli italiani non ne possono più di avere pressione fiscale svedese, in assenza di uno stato sociale svedese”. La linea è “più coordinamento di politiche fiscali e più riforme strutturali nei Paesi…Le soluzioni possono essere diverse, ma la sostanza è di tipo statunitense: stati nazionali in equilibrio di bilancio, federazione – in questo caso Ue – che fa politiche espansive anticliche, quando ce n’è bisogno”. A questa ottima impostazione generale sottolineata in una recente intervista dal viceministro all’Economia, Enrico Morando, devono seguire altrettanto ottime declinazioni della stessa in misure concrete. Entro la fine di questo anno domini 2014, non solo per la coincidenza col semestre europeo a presidenza italiana, ma perché pare davvero che l’avvio del processo di “unificazione economica” d’Italia non possa più attendere.
| permalink

0 commenti:

Posta un commento