martedì 31 gennaio 2012

Le opposizioni di Monti (nuovo numero di qdR online)


Il governo Monti ha mantenuto la prima promessa. Dopo la prima fase basata sui sacrifici, passati alla storia con le lacrime della Fornero, dal 20 gennaio scorso è iniziata a tutti gli effetti la seconda. Quella totalmente dedicata a risollevare il paese. Come? Con le liberalizzazioni. Senza tabù, come ha sottolineato due domeniche fa il presidente del consiglio a In Mezz'Ora dalla attenta Annunziata.

Dopo più di due mesi di analisi su questo nuovo governo ce ne sono a volontà. Tanti dicono che è palesemente un governo di destra. Una destra europea, non ha la volgarità, l'incoerenza e l'inutilità del berlusconismo. Ma questo non deve indurre in errore: sempre di destra trattasi. Monti è un "liberale conservatore", dicono. E subito viene la voglia di imporre una riflessione su cosa significhi, oggi, "conservatore" e cosa "innovatore trattino progressista". Nel senso che fa progredire il paese, tutto, nel suo insieme.

Altri ancora si limitano a dire che si tratta di un governo liberale e (turbo)liberista; al massimo ricordano, ormai per la noia di chi ascolta, che il tutto è nato a Todi, con la benedizione e organizzazione dietro le quinte delle gerarchie vaticane. E, ovviamente, per la gioia di banche, assicurazioni, e della massoneria di cui Monti sarebbe un esponente "a sua insaputa".

Suggestivo il Neri Marcorè che ha inaugurato il palco di Show Must Go Off con un Casini che arriva "mascherato" da Monti, ma che subito ci tiene a "tirar fuori" la sua vera faccia. A questo, in un nanosecondo, si collega il commento di quanti rivedrebbero in Monti il Forlani leader della destra Dc.

Utilizzando queste e altre "argomentazioni", stiamo continuando ad assistere all'autoproclamazione di diverse opposizioni. Diverse perché starebbero in luoghi e con funzioni differenti. Diverse perché tra di loro, in teoria, non dovrebbero avere nulla in comune dal punto di vista delle "proprie idee propositive".

Ecco perché mi viene da dire che è diventato un divertissment ragionare sulle opposizioni a Monti. Ma non lo ritengo un giochino inutile. Mi pare evidente che elencare tutti i soggetti che gli stanno esprimendo avversità faccia riflettere a fondo. E questa operazione, a mio avviso, può risultare quasi catartica. Facciamola.

Cominciamo dall'opposizione "dura" e più visibile: la Lega che in parlamento ha mollato Berlusconi e che da subito ha tuonato contro "il governo dei banchieri" in difesa del "popolo padano". Dopo 20 anni di ministeri e governo centrale (quello che sta nei palazzi romani per intendersi), si è risvegliata di colpo nel 1992, in piena manipulite e di nuovo col cappio in mano. Salvo poi, en passant, salvare Nicola Cosentino e mettere in scena quel teatrino "maroniani contro cerchio magico" che ha fatto morire dal ridere. Ma poi della recentissima manifestazione di piazza a Milano cosa è rimasto? Credo la corbelleria detta da Renzo Bossi sui "fischi fuori sincrono", perché che Bossi, padre, faccia cadere Formigoni non ci crede nessuno. Mica è il nipote di Mubarak.

Passiamo al binomio Idv-Sel. Entrambi, da mesi, senza se e senza ma spalleggiano palesemente il sindacato duro e puro della Cgil (e Fiom). Ma quella di Di Pietro è una semi-opposizione parlamentare: l'Idv ha votato la primissima fiducia a Monti e adesso "farà le pulci pure a lui". Quella di Vendola invece è una opposizione totale e fuori dal parlamento. Comprensibili entrambe le scelte. Ma sono condivisibili? Nella recente conferenza stampa i due leader hanno dichiarato che "restano disponibili" ad allearsi col Pd nonostante che il partito di Bersani appoggi Monti convintamente. Ma perchè? Per fare cosa? Per riuscire a governare l'Italia tutta un giorno? Questa è un'impresa che richiede molta fatica e zero populismo in nessun frangente, da qui al medio periodo. Oppure l'hanno detto semplicemente per restare alleati nei governi locali che interessano di più? E lo stesso vale per il PD: avremo mai il coraggio di rischiare di vincere le elezioni nazionali per governare e quindi migliorare l'Italia intera?

C'è poi l'opposizione dei sindacati, anche questi di colpo tornati a indire conferenze stampa e scioperi unitari. Incredibile. Ma "sotto" Berlusconi, cioè fino a meno di 100 giorni fa, perché hanno tanto amato dividersi? Da questo punto di vista è' giusto riconoscere maggior coerenza alla Cgil, piuttosto che a Cisl e Uil che all'improvviso ostentano la loro opposizione molto di più con un governo che prova a fare tutto quello che è possibile rispetto a quello precedente che, ad esempio, non ha avuto il ministro dello Sviluppo economico per mesi e mesi. Ma tutti e tre hanno un problema che ormai devono affrontare per forza: questo governo glielo ha fatto capire già con la riforma del sistema pensionistico, e ora sarà ancora più evidente con la riforma del mercato del lavoro. Questi sindacati non rappresentano tutti i lavoratori. Ma solo quelli a loro iscritti, e quindi non possono arrogarsi il diritto di essere gli unici difensori del lavoro. Esiste un oceano di gente che deve trovare uno straccio di modo per farsi rappresentare: dai precari, alle partite Iva, a chi ai sindacati non si iscrive più.

Poi ci sono i comunisti. Quelli che legittimano i berluscones a utilizzare ancora questo capro espiatorio nei suoi proclami. Sono divisi in mille partitini, sempre di più le sigle (e gli iscritti?), e sono come il prezzemolo: ovunque in tv. Un giorno ci chiederemo quante persone rappresentano. Giorni fa Rizzo, che non sta nè con Diliberto, nè con Ferrero e neanche con Ferrando(perdonatemi se ho dimenticato qualcuno), su Twitter annunciava che sarebbe andato al Tg4 di Emilio Fede. In quella sede ha ricevuto applausi dal direttore, che pure a lui questo Monti piace poco.

Ci sono anche i malpancisti di Pdl e Pd, quelli che in parlamento devono fare buon viso a cattivo gioco. Ma provano a trovare boccate d'ossigeno (di consensi) nei giornali di area più "rivoluzionari". Il Giornale e Libero da una parte e dall'altra l'Unità, seppur in maniera meno evidente, danno sfogo ai fastidi e ai problemi che appoggiare questo governo sta portando a chi, in entrambi gli schieramenti, non ne è convinto per nulla e anzi attacca Monti appena può. In questo hanno maggiore gioco gli amministratori locali di fama nazionale, sia di Pdl che di Pd, che possono "fare il populismo" che gli occorre per tenere buoni i propri elettori.

Recentemente ho avuto modo di notare anche un'altra sorta di opposizione, molto meno rilevante e popolare, ma che ritengo interessante analizzare. Dalla Gruber una dirigente Udu(il sindacato degli studenti "di sinistra") ha ostentato al meglio quanto alcuni giovani siano (stati) convinti che si dovrebbe "odiare" un Martone(ospite della trasmissione), non capendo che questo atteggiamento "televisivo" (tra l'altro figlio proprio di quel berlusconismo che a sinistra si imputa ad altri) fa esattamente il gioco di un Martone e dei "tecnici": aumenta la loro popolarità e soprattutto il consenso delle persone nei loro confronti. Ammesso e non concesso che Martone (e gli altri ministri) abbia sempre e comunque torto a prescindere e/o sia in malafede. Apro e chiudo una parentesi. Il termine "sfigati" è stato un errore del professor Martone da cerchiare in rosso. E il viceministro, infatti, lo ha ammesso: anche questo alla fine è una rarità nella politica italiana. Ma cavalcare il populismo dell'anticonformismo è ancora più grave. Soprattutto se il problema esiste e non si danno soluzioni chiare, concrete e fattibili per risolverlo. Gli italiani non sono idioti, lo capiscono. Chiusa parentesi.

(continua a leggere su qualcosa di Riformista.

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